MECCANOTECNICA, TERZO SCIOPERO IN UN MESE CONTRO IL LICENZIAMENTO DI 40 PERSONE
Bergamo, martedì 4 novembre 2014
Per la terza volta nell’arco di un mese tornano a scioperare e a riunirsi in presidio, dalle 13 alle 17 di oggi, i lavoratori della Meccanotecnica di Torre de’ Roveri, dove l’8 ottobre è stata avviata una procedura di mobilità per 40 persone su un organico di 117 dipendenti. L’azienda metalmeccanica, specializzata in macchine per cucire del settore della legatoria e dell’editoria, sta applicando per il secondo anno consecutivo un contratto di solidarietà (che terminerà nel febbraio prossimo). All’inizio del 2014 aveva già aperto una mobilità, in quell’occasione volontaria, per 13 persone.
Dopo gli scioperi del 10 e del 22 ottobre, i lavoratori, riuniti ieri in assemblea, hanno deciso di proclamare altre 8 ore di astensione dal lavoro, 4 delle quali da svolgere già oggi.
“La procedura di mobilità avviata mercoledì 8 ottobre dall’azienda riguarda 30 persone nella sede di Torre de’ Roveri e 10 nell’unità produttiva di Pedrengo” ha spiegato oggi Fulvio Bolis della FIOM-CGIL di Bergamo. “Non è certo con il licenziamento di 40 persone, il dimezzamento dell’officina meccanica e il forte ridimensionamento di alcuni uffici, che si mettono le basi per il futuro produttivo e occupazionale della Meccanotecnica. La scorsa settimana si sono svolti due incontri, il 27 e il 30 ottobre: quella che poteva sembrare una timida apertura alla trattativa da parte dell’azienda si è poi conclusa in una conferma della mobilità. Da parte nostra continuiamo a proporre l’utilizzo del contratto di solidarietà: mantenere l’occupazione si può (se si vuole) e col contratto di solidarietà lo si può fare senza alcun aggravio per l’azienda sia in termini di costi sia in termini organizzativi, con la possibilità, nel frattempo, di mettere in atto le iniziative opportune per il rilancio produttivo e occupazionale”.
In occasione dell’annuncio della mobilità, ad inizio ottobre, Bolis aveva commentato: “Nessuno garantisce che questi licenziamenti non facciano parte di un progressivo ridimensionamento dell’azienda: più piccoli si diventa meno prospettive si avranno. Il rischio concreto è di vedere esternalizzata la produzione e svuotata completamente la fabbrica”.